Senza tanti giri di parole: credo che la Cantina Kaltern con l’annata 2020 della linea Quintessenz abbia raggiunto la perfezione del Pinot Bianco in Italia, o quantomeno di quello coltivato al di qua delle Alpi.
Equilibrio totale naso-bocca, senza perdere la tipica espressività di questo vitigno. La prova del nove è invece la sensazione tattile al palato, la sua “texture” – per dirla in inglese -, che certifica un lavoro al millimetro fatto in cantina.
E pensare che nel 2014 all’arrivo di Andrea Moser, attuale Kellermeister (o maestro di cantina), il Pinot Bianco neanche era considerato tra i vitigni top dalla stessa Kaltern. Si preferiva invece lo Chardonnay. Uno sbaglio di principio, perché sullo Chardonnay esiste solo un’unica scuola ed è quella francese, mentre per il Pinot Bianco, considerato autoctono altoatesino, ci sono ancora pagine mancanti e ampie praterie da rivendicare.
Quindi in poco meno di dieci anni la storia ha preso una direzione corretta e il risultato è questo eccezionale Pinot Bianco. Quali sono tecnicamente i suoi punti di forza? Secondo me un’attenzione assoluta di chi lo produce: a cominciare dall’utilizzo del tempo, delle soste nel legno e di quelle sui lieviti, ma anche dei battonage, degli interventi super-minimi con la solforosa, che non avvengono fino al primo travaso, e dell’ultimo “pizzico” di malolattica. Certamente il tempo gioca un fattore chiave anche nella vendemmia…
Ma soprattutto, in una zona come quella di Caldaro, la forza di questo vino scaturisce da una rigorosissima selezione dei grappoli, che devono obbligatoriamente superare la prova del Kellermeister, il quale pare che sia molto più severo dell’uomo Del Monte…